E LANDINI, MUTO

Alla fine è stato il Vescovo di Torino l’unico a usare parole chiare e nette. Senza la sua presa di posizione pubblica il bluff di Stellantis sarebbe passato quasi inosservato.

Mons. Roberto Repole, alla guida della Curia torinese da un anno, ha la mia età, anche lui è figlio dell’immigrazione dal sud e, come me, ha conosciuto da vicino la città della Fiat. E quella di oggi non ne è nemmeno la copia sbiadita.

Lo ha visto e lo ha scritto, chiedendo conto a Stellantis (e non solo) se, come sembra al di là delle parole, stiano davvero abbandonando la città. Con tutte le conseguenze occupazionali del caso.

Leggere la sua lettera su sito web del settimanale diocesano e poi, a ruota, vedere i media locali scuotersi dal torpore, mi ha scaldato il cuore.

Il primo pensiero, lo confesso, è stato: “Torino ha di nuovo un vescovo in sintonia con la città.” Non me ne vogliano coloro che lo hanno preceduto, ma è dai tempi di mons. Pellegrino che un vescovo torinese non catturava la mia attenzione in questo modo. 

L’accostare Michele Pellegrino a Roberto Repole non suoni balzano. Per me di certo non lo è.  Anzi, è come se si riannodassero improvvisamente dei fili spezzati. 

Devo tornare molto indietro con la memoria, a quando improvvisamente un mattino mio padre mi disse perentorio: “Usciamo, andiamo a vedere il Cardinal Pellegrino”. Lui ed io.

Non ricordo il giorno, quanti anni avessi, quale situazione fosse. Ipotizzo una festa di San Giovanni, ma potrei sbagliare. Non ero entusiasta della proposta, ma erano tempi nei quali il “no” a un genitore non era consentito.

Mi ritrovai così in Duomo. Era gremito e Rocco quasi mi trascinò verso quelle che io ricordo come transenne, proprio mentre passava il Cardinale Michele Pellegrino. Lui lo chiamò, lo salutò, me lo indicò. Era felice. 

Qualche tempo dopo gli chiesi il perché di tale entusiasmo. Mi rispose all’incirca così: “Pellegrino sostiene i preti operai. E in fabbrica i preti operai servono.” Rocco lavorava in carrozzeria a Mirafiori. La sua risposta portava con sé anche un non detto: “Questo vescovo vuole bene a noi operai.”

Mio padre fu seminarista per un anno, da bambino, e operaio per tutta la vita, da adulto. Forse è per questo che riteneva Gesù il primo socialista della storia e se stesso un socialista dalla salda fede in Gesù Cristo. Una fede che non ho mai smesso di invidiargli.

Dopo quell’incontro forzato in Duomo, per me la figura del Cardinal Pellegrino identifica il vescovo perfetto per Torino, una città fatta di operai.

Da ragazzo ho sofferto sulla mia pelle le mille crisi della Fiat, le casse integrazioni a zero ore, i picchetti, le marce. Accanto agli operai in lotta sfilarono molte figure che hanno costruito carriere politiche gloriose senza riuscire a cambiare di una virgola il destino dell’auto a Torino.

Accanto agli operai però c’erano anche alcuni di quei preti che indossavano tonaca a tuta blu. Erano lì senza chiedere nulla in cambio, senza costruirsi carriere. Si esponevano, ma sapevano che c’era il Cardinale a sostenerli.

Nel 1977 Michele Pellegrinò terminò il suo ministero per raggiunti limiti di età. Da allora sono successe mille cose, ma adesso sembra proprio che in Curia sia tornato un uomo che non ha paura di stare dalla parte dei più deboli e dire a tutti parole chiare e nette. Anche se di cognome fanno Elkann. 

Maurizio Landini, il sindacalista che da tempo è muto su Stellantis, avrebbe di che apprendere.

La foto è di Bursuc Mihai

2 Comments on "E LANDINI, MUTO"

  1. Gian Paolo Masone | 8 Dicembre 2023 at 15:50 | Rispondi

    Mi riconosco totalmente nelle Sue parole. Grazie per averle scrtte.

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