ELSA FORNERO AVEVA RAGIONE

La redazione di Mondo Economico, testata web edita dal Centro Einaudi di Torino, una volta al mese si ritrova attorno a un tavolo e invita un ospite a tenere una sorta di lezione. In redazione nessuno è di primo pelo e tutti hanno un curriculum vitae che fa impallidire il mio. In sostanza sono un infiltrato. C’è però un aspetto che ci pone sullo stesso piano: abbiamo ancora voglia di imparare qualcosa.

Così martedì 21 marzo è venuta a trovarci Elsa Fornero. Proprio lei, la mamma della Riforma Pensionistica più odiata dagli italiani. Erano gli anni del Governo Monti, chiamato da Giorgio Napolitano sulla linea del Piave dei conti pubblici per evitare all’Italia la sorte della Grecia.

Oggi a molti fa comodo dimenticarlo, ma Elsa Fornero, con quella legge di riforma ha messo in sicurezza il sistema pensionistico. Era il 2011. Se dodici anni dopo in qualche modo, c’è ancora qualcuno che pensa di poter andare in pensione, lo deve a lei.

Elsa Fornero non ha «le physique du rôle» della lottatrice, non ha la voce tonante e la gestualità necessarie a finire su Tok Tok, ma misura con precisione e semplicità la parole. Quando lei parla, tu capisci. È piemontese, una ruvida madamina piemontese, che sa fare di conto, che ha faticato per arrivare dove è arrivata ed è sabauda fino al midollo: da Cavour a Gobetti, dentro di lei c’è tutto il senso dello Stato che ognuno di noi vorrebbe trovare in un decisore pubblico.

Oggi non vi parlerò di pensioni – ha esordito, sorprendendoci – ma proverò a illustrare le cause sociali ed economiche che hanno reso quel tema così centrale per la vita del Paese“.

Ha parlato poco più di un’ora, ho preso appunti come non mi capitava dai tempi dell’università. Provo a sintetizzare ciò che ha detto, mediato da ciò che ho davvero capito e arricchito da alcune personalissime iperboli.

A me interessa lo sguardo generazionale. Quell’equilibrio sociale che è durato qualche decennio si è rotto. Siamo in pieno inverno demografico, il saldo annuale tra nuovi nati e morti è sempre negativo. Molto negativo: meno 300 mila cittadini ogni anno“. Le conseguenze sono chiare: la popolazione invecchia, smette di lavorare e va in pensione. Però sono sempre meno coloro che possono andare a coprire i vuoti lasciati dai neo pensionati, quindi percepire uno stipendio, pagare i contributi di legge e permettere all’INPS di continuare a erogare pensioni.

Le casse dell’Ente sono sempre vuote, i contributi che i lavoratori mensilmente versano NON bastano a pagare le pensioni. Il disavanzo viene coperto dallo Stato attraverso due leve: più tasse e più debito pubblico. In entrambi i casi, non è una buona notizia.

Poi ci sono i NEET, quelli che non studiano e non lavorano, poi ci sono quelli che percepiscono salari assurdamente bassi (e versano quindi pochi contributi), senza dimenticare i giovani che se ne vanno all’estero dove trovano stabilità e per finire quelli che lavorano in nero (che i contributi non li versano per nulla).

C’è, secondo la Fornero, una sorta di “egoismo generazionale” che ha rotto un tacito patto: io lavoro e pago la pensione a chi c’era prima e i giovani di oggi faranno altrettanto con me domani.

La politica, che è quasi del tutto stupida, finge di non sapere che è in discussione la stabilità dell’intera struttura sociale. Tanto gli elettori sono per lo più anziani, quindi la leva delle pensioni è perfetta per conquistare e detenere il potere. Ma anche a minare il futuro. Ricordate il “graduidamente” di Conte Giuseppe e “Quota 100” di Salvini Matteo? Ecco, quelle sono mazzate sulle ginocchia dei nostri figli e randellate sulle orecchie dei nostri nipoti.

Essere passati da un sistema pensionistico ripartitivo a uno contributivo è penalizzante, ma permette almeno un vago orizzonte di futuro. Quello che hai messo da parte ora, forse lo rivedrai a fine percorso lavorativo. Fosse rimasto il ripartitivo, oggi dell’INPS non resterebbe che cenere.

Tre le parole magiche che potrebbero delineare un domani migliore secondo la Fornero : 1. Sostenibilità del sistema tra chi lavora e chi è in pensione (quindi le leggi devono seguire i mutamenti sociali) 2. Economia che deve crescere. Troppa popolazione attiva non lavora (prima di tutto le donne al sud) o non lavora regolarmente. Quindi non versa contributi. 3. I salari fermi da dieci anni non portano da nessuna parte. Non si possono avere salari poveri e pensioni ricche. Le imprese vanno sostenute perchè per molte di loro l’aumento dei salari è impossibile. Come? Facile: spegnete i burocrati e accendete la burocrazia (quest’ultima è mia, non della Fornero).

Però, dice la professoressa, non siamo sull’orlo del baratro. Anche se lo sembra. Nel 2011 la sua riforma pensionistica ha evitato il disastro e iniziato a renderci consapevoli che la realtà è questa: se non fai figli e non cresci economicamente non hai molte alternative. I numeri sono numeri.

Servirebbe una politica capace di pensare non alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni.

E se ci venissero in soccorso i migranti? “Magari, ma anche su questo c’è una miopia politica al massimo livello. Quel canale lo abbiamo di fatto chiuso. Attenzione però: l’immigrazione può sostenere la demografia e l’economia, non il sistema pensionistico. Non nel brevissimo periodo.”

Sarebbe un primo passo, ma attenderselo dal Governo Meloni è impensabile. “Peccato – chiosa la Fornero – che l’egoismo non si possa cancellare per legge“.

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