Martedì 22 gennaio 2019
Ne vogliamo parlare del cielo del Niger? Sono le 5,30 del mattino, ci siamo appena seduti in auto, diretti verso Zinder, a est. Ci attendono 12 ore di viaggio e siamo in cinque con relativi bagagli. Zinder dista da Niamey 900 chilometri, cioè quanto Torino da Napoli. Il Rav4 è pieno come un uovo, riproducendo la classica densità africana in caso di spostamento su gomma. Sono seduto sul sedile posteriore, lato destro. Sul sedile anteriore, stesso lato, è seduto Marco, che è alto quanto un watusso. Ho le ginocchia all’altezza delle orecchie.
Per fortuna c’è l’eclissi di luna e ho il naso puntato verso il cielo. Non è da me, non guardo quasi mai verso l’alto, ma qui non posso farne a meno. È buio davvero, la luna si oscura, le stelle luccicano e sono tante. Milioni di milioni. Sì, come l’indimenticabile pubblicità della Negroni. È bello da togliere il fiato.
Passiamo il casello dell’autostrada e imbocchiamo la strada che ci porterà dritti a Zinder che quasi albeggia. Il sole sbuca esattamente a metà del parabrezza, il panorama attorno a noi si accende piano. Non c’è nulla, solo savana, o qualcosa del genere. È tutto ancora immobile, di una bellezza nuova, sono talmente estasiato che a momenti mi scappa una lacrimuccia. Avrei voglia di prendere in mano la Genesi e rileggermi i capitoli sulla creazione.
Una nota sul casello autostradale: prima di tutto va detto non esiste alcuna autostrada (sebbene la chiamino così), ma una striscia d’asfalto precaria, con le buche, i dossi, e due sole corsie: una per quelli che vanno e l’altra per quelli che tornano. Il casello è una garitta rattoppata mista di cemento e chissà cos’altro, la sbarra di stop è uno spago teso lungo la carreggiata. La abitano un paio di poliziotti e altra varia umanità che ciondola nei paraggi senza alcuna divisa o segno di riconoscimento. Al nostro passaggio un marcantonio con basco in testa si avvicina, saluta e riscuote: “Sono 2000 franchi, prego“. Più o meno tre euro e mezzo. Rilascia ricevuta. Strabuzzo.
A seguire, dopo non troppi chilometri, nuovo stop presso un posto di controllo di polizia anch’esso assai rustico. Il poliziotto, non proprio di primo pelo (come il suo kalasnikov sistemato a tracolla), ci guarda, sfoglia un po’ di carte, ci chiede dove andiamo, ci augura “Buona fortuna”, aggiunge “Buon viaggio” e conclude con “Dio sia con voi”. Vabbè, io mi tocco i coglioni. Non si sa mai.
Con le ginocchia nelle orecchie non posso far altro che continuare a guardare fuori dal finestrino posteriore del Rav4, lato destro. Il numero di carcasse di auto, camion e pullman accartocciati abbandonati lungo la strada è notevole. Sembra di viaggiare all’interno di un enorme sfascia carrozze. Il poliziotto forse non aveva tutti i torti, su questa strada serve una certa dose di fortuna per arrivare a destinazione integri.
Superiamo veicoli di vario ordine e grado, impossibile non osservarli pensando ai lontani tempi della Scuola Guida e dei quiz per prendere la patente. Le leggi della fisica, qui e ora, non vengono applicate al trasporto di uomini e mezzi. Una motocicletta di piccola cilindrata può trasportare senza problemi due metri cubi di qualunque cosa. Un pulmino 9 posti (l’ampliamento fino a 15 è di default) può caricare sul tetto fino a 4 metri di bagagli impilati, qualche capra e almeno un paio di passeggeri rimasti a terra.
Quando li affianchi osservi i passeggeri con curiosità e loro ricambiano. Sembra che stiano tutti partecipando al Guinness dei Primati per il riempimento di veicoli a motore. Ma non ridono, nemmeno sorridono. Distolgo lo sguardo.
Sulle due corsie circola tutto ciò che si può muovere: carretti trainati da buoi, bici, motocicli, motociclette, auto, fuoristrada, pick-up, pulmini, bus, camion, autobotti e autoarticolati. A ciò si aggiungono bipedi di ogni età, sesso e condizione sociale su entrambi i sensi di marcia. Il tragitto Niamey-Zinder-Niamey si presenta quindi come un percorso a ostacoli piuttosto impegnativo. Non dimentichiamo le buche e l’attraversamento casuale di capre, asini e cammelli.
Se fosse possibile una colonna sonora sbucherebbe Francesco Guccini con chitarra e pintone di vino d’ordinanza per intonare quel non bene augurante “Lunga e diritta correva la strada… “. Mi ritocco i coglioni. Ovviamente l’80% dei veicoli che stiamo incrociando non passerebbe nessun tipo di revisione in nessuno dei Paesi aderenti all’Onu. Meno il Niger, ça va sans dire. Forse è meglio se schiaccio un pisolino. Mancano ancora parecchie ore di viaggio. Spegnete Guccini.
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