Finché c’è Speranza, c’è vita

Quando ci si separa e si hanno dei figli, la vita improvvisamente si complica. Per lui e per lei inizia un processo di ineluttabile impoverimento, che il più delle volte ferisce più a fondo lui, ma non salva del tutto lei.

Se poi succede che lui perda anche il posto di lavoro e si inerpichi per le tortuose strade delle Partite IVA, allora la battaglia diventa impari.

Quando ti ritrovi con una famiglia rarefatta, una lettera di licenziamento in mano e un commercialista con il quale dover cercare una via d’uscita, significa che sei a un passo dalla canna del gas e che stai camminando su un filo. Sottile. Teso. Alla sommità delle Twin Towers. L’ 11 settembre del 2001.

È la storia di migliaia di persone che, come me, devono fare i conti con la crisi economica, che si somma alla crisi familiare. Eppure in tutto questo casino c’era solo una cosa che riusciva a mettermi davvero i brividi, a farmi vedere nero, a obbligarmi ad invocare l’oblio assoluto: la buca delle lettere abitata da buste verdi e avvisi di mancato recapito di atti giudiziari.

Pensavo che quelle mezze pseudo crisi di panico mi avrebbero accompagnato fino al giorno del trapasso, sennonché, un giorno, ho incrociato un libro e il suo autore. Il libro si intitola “Ufficio salti mortali” e l’autore è un avvocato: Enrico Morello.

Il protagonista del libro è un avvocato, Arturo Speranza, che travolto da un bel rosario di insuccessi, quando si vede recapitare una busta verde, una cartella esattoriale, un accertamento fiscale, prende la busta e la impila con le altre serafico e, ormai, tranquillo. Non ha più nulla e sopravvive come può. Cosa possono fargli? Deportarlo a Guantanamo?

Arturo, omen nomen, ha riacceso la mia Speranza. C’è vita oltre il fisco e l’Inps. Bastava saperlo.

Grazie avvocato.

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