LA CONVERSIONE

La morte epica di Maradona, la quasi morte di Eriksen salvato dal coraggio di un compagno di squadra, Spinazzola che salta su un piede solo dimenando le stampelle ubriaco di gioia, Mancini che dedica un pezzo di vittoria all’Europeo ai tifosi della Samp.

Il calcio, a me, regala emozioni che come nessun’altro sport al mondo. Bellissimo il basket, il tennis, le moto che si rincorrono, i paletti dello sci, quelli che pedalano correndo come scooter sui Pirenei, ma alla fine non c’è storia. Il calcio si appende alle budella e te le contorce.

Sono un interista impenitente che se l’Inter le prende (succede spesso) frigge di rabbia silenziosa e finge distacco cosmico dalle cose pallonare, se invece vince, gongola sorridente come un bambino al luna park. Poi, non contento, si attacca a internet a caccia di highlights, commenti, statistiche, dibattiti fino a esaurimento delle energie.

Con la Nazionale è sempre stato un po’ diverso. Dipendeva da quanta Juve c’era. Più Juve c’era, meno gli azzurri mi scaldavano il cuore, ma stavolta …

Prendete Chiellini e Bonucci. Li ho insultati per oltre un decennio, senza posa. Lo stopper e il libero (come si diceva un tempo) di una squadra (la Juve, ovviamente) che vince nove scudetti di fila senza doverne nemmeno discutere. Facendomi, di conseguenza, soffrire tantissimo.

Lo confesso, ancora contro il Belgio li ho patiti. Pronosticavo un 3 a 1 per noi, con gol di Lukaku (sempre sia lodato) che uccellava i due centrali, ma Big Rom la palla non l’ha proprio vista se non per un rigorello regalato. Per non parlare di Caressa che commentando su Sky urlava CHI-E-LLLI-NIII ad ogni anticipo (e ne faceva uno al minuto), e mi dava prodigiosamente sui nervi.

Poi però i fatti sono i fatti: quei due, che hanno 35 anni a testa, hanno fatto robe, tra semifinale e finale, che non ricordo di aver mai visto. Se quella coppa invece di tornare a HOME a andata a ROME, è prima di tutto merito loro e di un portiere che a Parigi diventerà più importante di Napoleone.

Il romanzo del calcio mi ha regalato anche questo: una conversione sulla via di Wembley. Una resa totale e incondizionata alla forza di due giocatori di calcio che, in onore della regola suprema del football (per vincere prima non devi prendere gol, poi devi farne almeno uno), hanno permesso a una squadra forte, ma senza fenomeni, di essere bella, simpatica, divertente e vincente. Non proprio pizza e fichi.

Lo devo a tutti e due, ed è giusto che io espii. Vestono la divisa della squadra di club sbagliata, ma da oggi in poi saranno solo valorosi tostissimi avversari. È possibile che qualche insulto mi scapperà ancora, ma saranno solo retaggi del tempo passato.

God Save Quei Due. Almeno fino ai prossimi Mondiali.

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