NON È MAI TROPPO TARDI – Italia Rossa giorno 28 e 29

C’è stato un tempo nel quale credevo che Kapuścisński avesse ragione. Lui, forse, il più grande inviato della storia del giornalismo contemporaneo, scriveva: “Un reporter si sente a casa solo quando è in viaggio“. E io viaggiavo.

Ero giovane, sposato, con due figli piccoli. Ed ero anche convinto che “viaggiare” sarebbe stato il patrimonio che avrei offerto un giorno alla mia famiglia, ai miei figli in modo particolare.  Sbagliavo, ovviamente. Ai miei figli quel padre assente sembrava semplicemente un padre assente, non certo l’emulo sbilenco di un grande giornalista-scrittore polacco.

Ma visto che ero ancora troppo giovane per fare il mediatore di me stesso, lo ignoravo (o preferivo ignorarlo) e quando tornavo a casa, la sera, come gesto conciliatorio, prima di mettere gli eredi tra le braccia di Morfeo, più di una volta raccontavo loro “le Gesta di Genoveffa”.

Papà, raccontaci di Genoveffa!“. E io raccontavo la storia di una bambina, che in sella ad una bicicletta, andava, guarda caso, proprio dove andavo io: una impavida bambina di cielo, di terra e di mare.

E grazie a Genoveffa provavo a portarli in viaggio con me.

Sono due giorni che ripenso a Genoveffa. Questa separazione forzata, questa distanza sociale necessaria, questa impossibilità strutturale di pensarsi al di fuori di un appartamento, inizia a suonare irreale e risvegliare pensieri sempre meno sereni.

Dai miei figli mi separano 10 chilometri, ma mi sembrano 10 mila. Stanno bene, ci sentiamo spesso, qualche volta ci videochiamiamo, ma mai come in queste settimane avrei voglia di prendere a pedate l’amato Kapuścisński e chiedergli ragione di una citazione tanto bella quanto insidiosa, incompleta, fuorviante.

Non ho mai letto Proust e non comincerò di certo ora, ma “Alla ricerca del tempo perduto“, suona, dati i tempi e lo stato d’animo complessivo, molto più adatto de “In viaggio con Erodoto” (che invece ho letto, capolavoro).

Forse però, è tempo di chiedere scusa ai miei figli, perché come diceva il maestro Manzi, in fondo “Non è mai troppo tardi“.

Comunque no, non andrà tutto bene. Andrà semplicemente come deve andare.

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