Sono della vecchia guardia, mi piace il pensiero nitido e sintetico, possibilmente fondato. Necessariamente in buon italiano, anche in rete, anche sui social network. La nascita di un nuovo media non deve per forza corrispondere all’imbarbarimento nell’uso delle parole e all’azzeramento dell’articolazione del pensiero. Se non sai dire con chiarezza una cosa in 180 caratteri, non lo saprai fare nemmeno in 180 volumi rilegati in pelle di foca monaca.
Ieri mi succede di incrociare il post di un giovane consigliere comunale torinese di fede grillina, persona peraltro piuttosto aliena alle derive medie del grillismo medio, nel quale compare una foto del Chiampa, modificata ad uso e consumo della campagna elettorale delle prossime Elezioni Regionali.
Ho un brutto carattere, ormai lo sa anche Moscovici Piero a Strasburgo, ma certe forzature, fatte da un amministratore pubblico, il cui compenso deriva anche dalle mie tasse (sudatissime, visto che faccio parte dell’allegro popolo delle partite IVA a precario livello di galleggiamento), fanno proprio girare sia Ernesto che Evaristo. Quindi scrivo sulla bacheca del consigliere (sintetizzo):
“Non dico di articolare un pensiero di senso compiuto, ma un post alla bimbominkia, un amministratore pubblico dovrebbe evitarlo”.
Risposta: “Non devo certo spiegarti io come funziona la comunicazione su Facebook”.
Dovrei dire qualcosa tipo: no, non devi, visto che con i social network quasi ci campo, invece mi limito a un più istituzionale: “non devo spiegarti io qual è il tuo ruolo e quale stile dovresti usare nella comunicazione politica”.
Aggiunge: “Ho condiviso un post del Movimento 5S del Piemonte, se non lo vuoi vedere, cambia le tue impostazioni su Facebook”.
Riprendo: “Non pretendo che siate tutti statisti, ma visto il lavoro che fate, magari provare ad articolare un pensiero compiuto aiuterebbe il dibattito”.
Conclude: “Non è Facebook il luogo degli statisti, ciao”.
Dopo essermi sentito un po’ (ma solo un po’, ci mancherebbe) come Padoan Pier Carlo di fronte a Castelli Laura, ho pensato ai due Vice Premier che passano più tempo sui social network che al lavoro, ed ho dovuto, mio malgrado, dare ragione al giovane consigliere comunale.
Facebook non è il luogo degli statisti, ma degli altri. Per la precisione di quelli che fanno politica decidendo delle nostre vite.
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