Sull’altare dei bilanci

Non ho idea di come se la passi Frate Indovino (non bene, temo), ma Sant’Antonio (quello di Padova) è messo malissimo. I media cattolici (radio, tv, settimanali, mensili) sono in crisi e quindi gli uomini in talare (o in saio, dipende dalla natura dell’editore) vestono, senza scomporsi troppo, i panni del Lupo Cattivo (quello di Cappuccetto Rosso, non quello di San Francesco) e licenziano in nome di bilanci che imbarcano acqua come il Titanic.

Gli ultimi, in ordine di tempo, sono gli 8 giornalisti del Messaggero (quello del santo di Padova, non quello di Caltagirone).

Il Messaggero di Sant’Antonio, dice il Post, è stato fondato a Padova nel 1898, è ed oggi diretto dal frate francescano Fabio Scarsato. Viene consegnato in abbonamento a circa mezzo milione di persone in tutto il mondo, in sette edizioni, tra cui una rivolta agli italiani all’estero.

Non basta. I conti non tornano (3 milioni di perdite accumulate negli ultimi anni, se ricordo bene) e quindi, se anche gli angeli mangiano fagioli, non si vede perchè i preti (o i frati) non possano licenziare.

Ci sono passato anch’io, anche se ero solo un programmista-regista e non un giornalista. Eravamo 9 e gli uomini in saio ci hanno licenziati tutti, in nome di conti aziendali  assai malconci e di una loro assoluta incapacità di fare un mestiere per il quale non erano tagliati.

Non entro nel merito della crisi dell’editoria cattolica perchè, secondo me, è quasi del tutto meritata. Evito qui dettagli e polemiche.

Ciò che invece mi colpisce, e le cronache padovane pare lo confermino, è la scioltezza con la quale anche all’ombra dei campanili, si consegni a signore e signori di oltre 50 anni una lettera di licenziamento, si cerchi una transazione economica rapida e  indolore e poi fuga rapida come novelli  Beep Beep.

La mia (le nostre) sono stata consegnate il 1 aprile del 2014 più o meno come si distribuiscono le carte a scopa. A differenza dei quasi colleghi padovani, nessuno ne ha parlato, (tranne Clara Caroli) nessuno ha speso una parola in nostra difesa. Nessuno ha posto domande, alzato il ditino, espresso dubbi. Eravamo da soli. Se non sei un “vero” giornalista te la devi cavare da solo. E anche su questo stendo un velo pietoso, altrimenti rischio di diventare un grillino in quota Dibba.

Quando licenzi un cinquantenne (un po’ di meno, un po’ di più) e poi domenica sali sul pulpito per l’omelia, predicando amore, solidarietà, attenzione per i più deboli, caro amico in talare (o in tonaca), non ti viene un pochino di acidità di stomaco e voglia di darti almeno un buffetto quando ti guardi la mattina allo specchio?

I cinquantenni medi di oggi sono sposati con figli, spesso con il mutuo, spesso separati. Quando li mandi a casa senza più un lavoro, tu che sei paladino dell’Amore Divino e Universale, dovresti chiedergli: “Scusa sorella, scusa fratello non posso più stipendiarti, ma potresti dirmi, se vuoi, come tirerai a campare da domani? Ce la farai? Posso esserti d’aiuto in altro modo che non sia quello di averti a libro paga?“. Sono le basi del catechismo.

A noi 9 non è successo, mi pare che non stia capitando a Padova. Sarebbe ora che iniziasse a capitare.

 

2 Comments on "Sull’altare dei bilanci"

  1. Cosa purtroppo normale da parte di persone che (nella maggior parte dei casi) non hanno la più pallida idea di come si faccia a far quadrare un bilancio domestico, di cosa siano le bollette della luce e di come funzioni la vita nel mondo reale.

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