LIBERTAV

Da un paio di giorni, in due paesini della Val di Susa, è tornata la protesta (e la conseguente guerriglia) NoTav. È ciclica, come la pioggia a primavera, ma meno salubre.

Tutti coloro che, come me, si occupano di informazione (sebbene io non lo faccia a tempo pieno), conoscono almeno un collega intimidito o minacciato da una delle sigle del mondo che si oppone alla costruzione della linea ferroviaria veloce che collegherà Milano (e Venezia) a Parigi, passando da Torino e Lione.

Il giudizio inappellabile dell’Indice NoTav è toccato nei giorni scorsi a un caro amico, giornalista vecchio stampo, che come da copione è stato accusato di essere “servo del padrone” e di scrivere sotto dettatura articoli immondi. Un paio di siti NoTav ci sono andati giù pesanti. L’amico, quasi pro forma, ha chiesto lumi a un avvocato del ramo e alla Polizia, e questi, invece di rincuorarlo, gli hanno consigliato di tenere un profilo basso che non si sa mai. Male, molto male.

Nelle tre volte in cui mi sono dovuto recare in Valle con la telecamera per raccontare la protesta (e, ovviamente, gli scontri) sono sempre tornato a casa piuttosto scosso. Eppure non sono di primo pelo e in zona di guerra ci sono andato davvero, in Africa, in Asia e Medio Oriente. Se vai in Somalia, in Iraq o in Myanmar metti in conto che qualcosa possa andare storto, ma se vai a 40 chilometri da casa, nelle ex Valli Olimpiche, no.

Il sillogismo è ferreo: i giornalisti non dicono la verità e sono pagati per disinformare; tu sei un giornalista, quindi sei un mentitore seriale prezzolato. Ne consegue che devi mettere in conto insulti, qualche scappellotto e almeno un paio di minacce a muso duro.

Il problema è che per i manifestanti la verità possibile è solo una: la VERITAV. Se un giornale sposa una linea editoriale favorevole all’Alta Velocità è “schiavo dei poteri forti e odora di mafia“, se invece sposa la causa barricadiera è “limpida fonte informativa che odora di santità.” Il meccanismo è questo da un pezzo e non cambierà. Meglio farsene una ragione.

Però, c’è un però. Oggi è stata scarcerata Dana Lauriola, portavoce NoTav condannata a due anni di reclusione. Qui trovate tutto. Mi sembra una buona cosa, per più ragioni, compreso il buon senso.

Invece, mi chiedo: quando sarà possibile per i giornalisti avere un’opinione e di poterla esprimere liberamente senza doversi poi guardare alle spalle?

L’informazione è tutta favorevole all’opera e ciò disturba la tua sete di protesta? E cosa vuoi a me? Fatti una domanda e datti una risposta. Possibilmente non banale, perchè della LIBERTAV ne facciamo tutti volentieri a meno.

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