UN ALTRO ME

Ti alzi esattamente con la stessa ansia con la quale sei andato a dormire. Vorrei fosse empatia, ma credo sia paura.

Paura che mi dicano: scappa, ora. Prendi tutto ciò che può contenere uno zaino e corri verso ovest. Cosa contiene l’ultimo bagaglio che puoi fare? E poi se anche arrivassi di là , dopo, cosa succederebbe dopo? Potrò essere ancora io? Scappa ti ho detto. No non c’è benzina, forse un treno, magari un passaggio o vai a piedi. Lo zaino, in fretta. Metti solo cose utili. Cos’è utile? Un maglione o una foto dei tuoi figli? Fai in fretta, non c’è più tempo. Le senti le bombe? Vai a ovest, verso le montagne. Come si scavalcano le Alpi a fine inverno? Farai come i migranti, qualcuno troverai. Ce l’ha fatta Annibale, ce la farai anche tu. Sorrido. Ok, vado. No, non posso. I miei figli, dove sono? Non c’è segnale, non so come avvisarli, salutarli, confortarli. Senza non parto. Non hai scelta, non puoi farci nulla, nulla. Gli eventi sono più veloci. Vedrai che se la caveranno. Vivere o morire. La legge primordiale universale, che i pollici siano opponibili o meno. Chiudi a chiave la porta, forse un giorno tornerai. Forse. Partire è un po’ morire, partire così, invece, è morire a metà.

E se restassi? Sei pazzo. Forse sì. Ce l’hai un fucile anche per me? No, non l’ho mai usato. Odio le armi, o almeno le odiavo fino a cinque minuti fa. Dove andiamo? A est, verso il rumore delle bombe. Giusto così.

Capita ora, a un altro me. A 2000 km di distanza  da me. Vorrei poterlo ignorare anche solo per qualche minuto, ma non ci riesco.

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