CON L’ORSO STACCI TU

Nel vorticoso e vuoto linguaggio degli hashtag mi ha colpito quel #iosotoconlorso che saltella baldanzoso di bacheca in bacheca. Il riferimento è al plantigrado che, in Trentino, ha assalito e ucciso un ragazzo che correva nei boschi. In Italia non era mia successo prima.

Le autorità locali hanno deciso che sulla base del principio di sicurezza, l’orso, quell’orso, va cercato, trovato e (con tutta probabilità) abbattuto. Ritengono che un giovane uomo di 26 anni scuoiato basti e avanzi, che evitare il bis sarebbe preferibile.

Non mi addentro in questioni delle quali nulla so circa le modalità di ripopolamento degli orsi, la complessità della convivenza con l’uomo e del diritto degli uni, ma soprattutto degli altri, di non morire per caso.

C’è quell’hashtag però a incuriosirmi. Il sotto testo è facilmente leggibile : quel ragazzo se l’è andata a cercare. Un po’ come quelle donne che si mettono le minigonne e poi girano con le cosce di fuori per le periferie urbane malfamate. Il bosco è il bosco, è la casa dell’orso. Le periferie sono le periferie, appartengono al maschio alfa che ne detta le regole. Non fa una grinza. O forse no.

Negli anni nei quali frequentavo l’Amazzonia brasiliana, grande 20 volte l’Italia, ma con meno di un terzo degli abitanti, i cacciatori (per lo più indigeni) si addentravano nella selva sempre in coppia. Come i carabinieri. La ragione era semplice: in caso di necessità uno, il più fortunato, tornava indietro a cercare aiuto. Parliamo dell’Amazzonia, con una densità di circa 2 abitanti per kmq, non della provincia di Trento (90 abitanti per kmq). Sebbene lo spazio nella selva amazzonica non sia certo un problema, se qualche onca (pantera) si aggira dalle parti del villaggio la si va a prendere e e la trasforma in pelliccia prima che decida di pasteggiare a indigeni in formato fanciullo. 

La morte di un ragazzo, ucciso da un orso, diventa l’occasione buona per ricordare a chi se lo fosse dimenticato, che la nostra civiltà (o presunta tale), ormai si muove pericolosamente (e da troppo tempo) sul fragile terreno che separa il dramma dalla commedia. Immersi nel mondo digitale, continuiamo a perdere il contatto con la realtà.

Leggendo il popolo del web sembra quasi che un orso sia da salvaguardare più di un ragazzo di 26 anni che corre per i boschi. Se lo raccontassi a un indigeno della foresta pluviale mi prenderebbe per rincitrullito.

Stupisce fino a un certo punto, è vero. In fondo le coppie di oggi hanno molto più frequentemente un cane, anziché un figlio, a cui badare. A Piacenza, tanto per fare un esempio, ci sono più cani che bambini. Siamo a un passo dal baratro demografico, con tutto ciò che ne consegue, ma facciamo finta di non saperlo.

Possiamo solo sperare che ci venga in soccorso un’ immigrazione massiccia, fatta di donne e uomini che, arrivando dal sud del mondo, sanno facilmente distinguere i diritti di un plantigrado da quelli di un essere umano. 

A coloro che stanno con gli orsi posso auguro di coronare il loro desiderio, anche se non sono certo che quelle povere bestie se lo meritino.

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