GUARIRE DA NOI STESSI

Tutto è iniziato i primi giorni di marzo del 2020 e da allora sono trascorsi diciannove mesi. Solo 19. Eppure ho la sensazione, per nulla piacevole, di avere sempre vissuto così. Possono bastare un anno e mezzo a mettere in soffitta 53 anni di vita precedente al Covid 19? Forse no. O forse sì.

Insegno in una scuola elementare di Torino dall’ottobre del 2019 e dalla fine delle vacanze di carnevale del 2020 non ho più visto i bambini della mia scuola senza una mascherina chirurgica a coprirgli metà del viso. In classe solo volti dimezzati. Sorrisi e sguardi dimezzati. Vite dimezzate.

L’autunno non mi aiuta. Il cielo torinese in questi giorni è grigio e l’umore rischia di seguirlo a ruota. Un virus polmonare come questo, quando arriva il freddo festeggia. L’indice di contagio non molla, e siamo all’ondata numero 4. A me sembra la quattrocentesima.

Il virus a novembre fa festa e tu ti chiudi, ti copri, vorresti mettere la testa sotto le coperte e addormentarti fino a Primavera, quando il sole tornerà a scaldare la pelle. Il sole, le giornate più lunghe, la vita all’aperto, la famiglia più vicina, gli amici, sono quasi un mezzo antibiotico naturale.

Un anno fa stavamo peggio lo so e i numeri lo dimostrano chiaramente. Voi ve lo ricordate come stavate un anno fa? Io no. A me sembra di vivere in un eterno presente nel quale provo a essere ottimista, a dirmi che è quasi finita senza crederci fino in fondo. Certo, sono vaccinato, la differenza non è sottile, fa decine di migliaia di morti, ammalati e intubati in meno. Fa un lago di lacrime in meno. Eppure non riesco a vedere il bicchiere davvero mezzo pieno. I cortei settimanali di NoVax e NoGreenPass, le polemiche infinite e vuote degli intellettuali alla Ugo Magri (ma perché prof? Perché?), in certi frangenti, mi gettano nello sconforto.

Andrà tutto bene” e “ne usciremo migliori” sono state le parole d’ordine, forse utili, per darci l’adrenalina necessaria per iniziare a percorrere il tunnel. Ma poi? Cosa ne abbiamo fatto delle buone intenzioni? Abbiamo lastricato la via che conduce all’Inferno. Come da tradizione.

Dopo 19 mesi e 160 mila morti scopro di avere più paura di cosa siamo diventati, che del contagio. Con alcuni amici che si dichiarano apertamente No Vax ho troncato i rapporti, perché la vaccinazione di tutti è lo spazio che forse mi restituirà la vita che avevo. E non ho voglia che il complottismo di qualcuno, le cui ragioni non sono in grado e forse non voglio comprendere, mi costringa a rinviare l’appuntamento con ciò che ero.

Deve passare questo secondo autunno da dimenticare (e che invece ricorderemo), un altro Natale con la guardia alzata, un inverno al riparo. Tocca aspettare di nuovo la primavera, che passi la nottata, che la natura faccia il suo corso, che la scienza non molli e che i complottisti si diradino come la neve di febbraio a marzo.

Abbiamo il tempo per guarire da noi stessi. Non sprechiamolo.

Be the first to comment on "GUARIRE DA NOI STESSI"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*