La Rosa di Rocco e la Giornata contro la violenza sulle donne

Ogni qualvolta un telegiornale snocciola i dati raccapriccianti sulla violenza domestica e il femminicidio in Italia, la mia reazione è il disorientamento. Scuoto la testa incredulo e mi pongo, da uomo, da compagno, da ex marito e da padre, la più banale delle domande: “Com’è possibile?“.

Ormai mi è chiaro di non possedere le categorie necessarie per comprendere le ragioni che portano un uomo a umiliare, picchiare, addirittura uccidere la propria fidanzata, compagna, moglie, magari anche madre dei suoi figli.

Ogni volta che provo ad andare più a fondo circa questa mia incapacità trovo sempre e solo una risposta. È colpa di Rocco, di mio padre. Per lui, murgiano classe 1935, era impensabile e quindi inammissibile poter rivolgere anche solo una parola sgradevole, scorretta, sconveniente, nei confronti di una donna. E non esisteva una motivazione predefinita, era così e basta. Con le donne si è gentili, punto. A partire, ovviamente, da mamma, da Rosa.

Sono cresciuto in una famiglia nella quale la violenza, nemmeno verbale, aveva asilo. Ci sono state un paio di eccezioni e sono state vissute come ferite dalle cicatrici perenni. Mio padre e mia madre avevano identiche responsabilità familiari, si sono divisi i compiti nel lavoro, nell’educazione dei figli e nella gestione della casa. Entrambi erano del sud, entrambi del 1935. Mia madre guadagnava più di mio padre, mia madre era una donna libera di pensare, dire, scegliere e mio padre ne era orgoglioso.

Non ringrazierò mai abbastanza Rocco anche per questo. Per lui l’amore verso sua moglie, i figli, le sue sorelle, e le tante donne che popolavano la nostra grande famiglia, non era teoria, ma pratica quotidiana. Il rispetto verso le donne che quotidianamente incontravamo, dalla madre del mio compagno di scuola, alla cassiera del supermercato, dalla dottoressa del Pronto Soccorso, alle amiche che portavamo in casa, era atteggiamento naturale.

Ricordo un episodio, potevo avere 8/9 anni. Eravamo in vacanza al mare, nella stanza d’albergo ci preparavamo per andare a cena. Mio padre mi stava allacciando le scarpe, ed io avevo appena ricevuto una sonora lavata di capo da mia madre. All’improvviso mi sono rivolto verso di lei dicendole stizzito: “Stupida“. Rocco, senza dire una parola si è leggermente alzato e mi ha dato un solo potente schiaffo con entrambe le mani, a guisa di piatto d’orchestra. Non me lo aspettavo, ed è stato il primo schiaffo fino a quel momento e nessun altro è mai arrivato dopo. Non ho versato una lacrima. Le orecchie hanno fischiato per ore e negli anni a seguire quelle orecchie hanno fischiato altre volte. Una lezione perfetta sul valore del rispetto.

Rocco amava Rosa incondizionatamente con le parole e con i fatti, l’ha sempre rispetta come moglie, madre dei suoi figli e donna. Per me, per noi, questa era la normalità. Constatare che vivevamo su un’isola felice è fottutamente doloroso.

2 Comments on "La Rosa di Rocco e la Giornata contro la violenza sulle donne"

  1. Grazie Sante, riesci sempre a dire benissimo quello che in tanti abbiamo dentro.

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