IL MIO AMICO ERIK

Il calcio è un grande romanzo popolore, lo sappiamo. Tifare una squadra di calcio, in quasi ogni angolo del globo, è un atto di fede, un salto nel buio dagli esisti imprevedibili, con però la certezza che scenderai spesso all’Inferno e che quasi mai andrai in Paradiso. Solo se tifi per la Juve il calcio può essere noioso. In qualche modo vincerai sempre, al massimo perdi 9 volte su 10 una finale di coppa.

Se tifi Inter, invece, sai che il tuo karma sarà segnato anche dalla pazzia sportiva, dove tutto è possibile. Sai che farai una finale di Coppa Campioni ogni quarant’anni e la vedrai senza respirare sapendo che difficilmente avrai, da vivo, una seconda opportunità. Se sei interista, inoltre, sai che puoi finire improvvisamente all’Inferno mentre stai varcando la soglia del Paradiso. Come ieri pomeriggio.

Stavo seguendo una conferenza per motivi di lavoro, quando sulla chat whatsapp “Interissima” leggo questo messaggio “Eriksen ha avuto un malore, gli stanno facendo un massaggio cardiaco“. Intanto vedo due telefonate perse da parte dai miei figli, non potrei richiamare, ma …

Chiamo mia figlia “Papà stai vedendo?”. No. Con voce incredula dice: “Stanno cercando di rianimare Eriksen in campo, è svenuto, piangono tutti, c’è anche la moglie.”

Quando è morto Maradona ho passato tre giorni in trance rivedendo film, documentari, cercando filmati su YouTube, leggendo libri su El Pibe de Oro e la Mano de Dios, ascoltando in loop canzoni dedicate a Maradona. Quel giorno Il Calcio, ha perso per sempre il suo protagonista contemporaneo, El Diez, il Dieci, l’uomo che ha reso il romanzo pallonaro epico e irripetibile dalla metà degli Anni Settanta a oggi.

Christian Eriksen è, per questa Inter, il giocatore che più mi intriga, il mio Diez, il mio Numero 10. Ha i piedi buoni, molto buoni, a metà tra Wesley Sneijder ed Evaristo Beccalossi. Un ragazzo danese di poche parole, sorriso da bambino, serietà sportiva da vendere come merce rara. Lui è il mio piccolo Maradona nerazzurro, anche se di Maradona non ha nulla, se non essere protagonista dell’ennesimo capitolo del romanzo dello sport più bello del mondo.

Per questo, ieri pomeriggio, le parole di mia figlia (abbonata in Curva Maratona praticamente da quando ha capito che esistono emozioni che solo il calcio può regalare) mi hanno fatto un nodo marinaio all’altezza dello stomaco. “Eriksen no.” Mi sono detto. “Anche lui, no.”

Ho fatto un voto, di quelli che donne e uomini di fede fanno ai santi protettori nelle navate di tutte le chiese e cappelle del mondo: “Amico Erik, se te la cavi, se mi sciogli il nodo marinaio, la prossima settimana vado a Milano, entro all’Inter Store e mi compro la tua maglia.”

Mezz’ora dopo. “Papà, pare che abbia ripreso conoscenza.”

Nodo sciolto. Ci vediamo a Milano.

P.S. Il mio amico Eric è il titolo di uno straordinario film di Ken Loach.

2 Comments on "IL MIO AMICO ERIK"

  1. Grandissimo eccezionale bellissimo commento

Leave a comment

Your email address will not be published.


*