LIBRARSI #1 – La storia corre più veloce del calendario

LIBRARSI è una rubrica del mensile MISSIONI CONSOLATA, che curo a partire dall’ottobre del 2020. La rivista, dal 1899, racconta la vita dei Missionari e delle Missionarie della Consolata e getta uno sguardo diverso sulle cose dimenticate del mondo. 

C’è un filo rosso che lega i libri che vi segnalo oggi: la storia corre più veloce del calendario. Le cose accadono, ma a volte, questo è il tempo, corrono a velocità doppia.

Red Mirror di Simone Pieranni (Editori La Terza, 2020, 14€) è il nostro punto di partenza.

un libro di simone pieranni

Pieranni  è un giornalista che ha vissuto in Cina, la studia, la visita ancora e continua a studiarla. Ha un podcast e un’agenzia giornalistica con gli occhi puntati su Pechino. Con “Red Mirror”, 147 pagine dense come marmellata di fichi, apre la finestra su una realtà che fatichiamo ancora a mettere a fuoco: lo sviluppo della nano tecnologia, della realtà aumentata, dell’intelligenza artificiale, in Cina. Ciò che pensiamo sia futuro, lì è presente. Il nostro futuro esiste già e lo stanno vivendo, in anteprima, alcune centinaia di milioni di persone a 8 ore di aereo da qui.  

È tutto talmente già avviato, consolidato e acquisito, che la Cina non è più il luogo dove si copia la tecnologia occidentale, ma il mercato dove gli occidentali scoprono (e comprano) le ultime novità hi-tech.

Il riferimento alla quasi omonima serie tv, “Black Mirror”, è tutto meno che casuale, perchè il saggio di Pieranni parte proprio dall’oggetto che è diventato la nostra protesi naturale: lo smartphone.  In Cina, sullo smartphone cinese (Huawei, certo, ma non solo, i colossi da quelle parti sono tanti) se vuoi condurre un’esistenza quotidiana normale DEVI scaricare WeChat, un’app che si è trasformata in browser e con la quale puoi fare tutto. “Tutto” in senso stretto, non in senso lato. Anche l’elemosina al senza tetto. Ovviamente con tutto il corollario relativo al controllo sociale, che in Cina è vissuto con meno ansia rispetto a noi. Strano? Folle? No. È il nostro futuro prossimo.

L’Europa non è più il centro del mondo, e non lo sarà più per chissà quanto tempo. In attesa che il futuro prossimo arrivi è importante fare i conti con il presente di casa nostra, con la crisi strutturale che ci

il libro di Francesco Antonioli

perseguita dal crollo della Lemann Brothers e capire se e come un domani migliore possiamo costruircelo. Un’analisi molto, ma molto intrigante arriva dal giornalista economico (ma in verità è anche molto altro) Francesco Antonioli. Per la rinnovata Edizioni Terra Santa, guidata ora dalla brava Roberta Russo, ha scritto “Meno è di più” (2020, 15€). Con un sottotitolo che la dice lunga: “Le Regole monastiche di Francesco e Benedetto per ridare anima all’economia, alla finanza, all’impresa a e al lavoro”. 

La premessa di Antonioli è semplice: o ripensiamo l’economia o implodiamo. L’idea nasce sull’onda delle parole e dei documenti scritti da Papa Francesco, che hanno, va da sè, una matrice religiosa, ma nella loro essenza sono profondamente laici. Dobbiamo costruire un’economia di socialità, che con meno impatto, crei più ricchezza. Intendiamoci: nulla a che vedere con la “decrescita felice”, che qui, grazie alle parole di Stefano Zamagni, un economista da sempre attendo alle dinamiche dell’economia globale e alla difesa di chi ne ha subito e ne subisce gli effetti deleteri, viene smontata.

Ma come costruire questo diverso cammino? Riprendendo in mano le regole di San Francesco e San Benedetto. Per dire: il terzo capitolo si intitola “San Francesco precursore di Steve Jobs?”. Nel secondo invece, si individua nella regola benedettina la guida perfetta per scegliere e formare il management,  costruire una efficace policy aziendale, ricercare la qualità del prodotto, scegliere e coinvolgere i dipendenti nelle scelte imprenditoriali.

Lo so, sembra un gioco, uno schema provocatorio e basta, ma non lo è. I monasteri dei secoli introno all’anno mille erano fabbriche, aggregazione, centri di pensiero e cuore dell’economia. In quelle regole c’è il segreto per ripartire, per ri-animare l’economia mettendo al centro l’uomo.

Antonioli ha lavorato per lungo tempo al Sole24Ore, è stato tra i fondatori dell’inserto Nord Ovest, ma ha anche al suo attivo libri su Papa Francesco e Piergiorgio Frassati, sulle innovative scelte imprenditoriali di Andrea Illy e tra non molto uscirà con un volume sulla storia della Fondazione Agnelli. Di lui ci si può fidare.

Chiudiamo il cerchio con un instant book che è il plastico esempio di quanto sia aggrovigliato il gomitolo della globalizzazione: “Silvia Romano. Diario di un rapimento” (2020, 10€), di Angelo Ferrari, pubblicato da People, una piccola casa editrice fondata meno di due anni fa da Pippo Civati, Francesco Foti e Stefano Catone, ma che sta costruendo un catalogo di tutto rispetto che vi consiglio di consultare. 

il ritorno a casa di Silvia Romano

Angelo Ferrari è stato il giornalista che più da vicino e con maggior attenzione ha seguito, per il Desk Africa dell’Agenzia Italia, il rapimento in Kenya di Silvia Romano. Il libro, uscito a ridosso della liberazione della giovane cooperante milanese, è una raccolta dei tanti articoli scritti durante i 18 mesi di prigionia, ma è una lettura importante. In quella piccola antologia di articoli, nello scoramento che a volte li pervadono, c’è, sotto traccia, un’ammissione dolorosa: a noi di ciò che capita lontano dal cortile di casa continua a non importare nulla. Silvia è stata rapita, venduta, separata dai suoi affetti per un tempo che le sarà sembrato eterno, è tornata (per fortuna) cambiata (potrebbe essere altrimenti?), ma le ragioni che stanno a monte, la trasformazione del mondo che ha trasformato Silvia, crediamo non ci riguardi.

Angelo Ferrari fa parte di un piccolo collettivo di giornalisti italiani che si chiama “Hic Sunt Leones, l’Africa che non ti immagini” (li trovate suo sito dallapartedinice.org) che prova a far breccia nel muro di indifferenza che ci siamo costruiti. Per fortuna non demordono.

Tra il miracolo tecnologico cinese, la crisi d’identità dell’economia occidentale e il rapimento di una ragazza Italia in Kenya, un filo sottile che percorre queste tre diverse storie c’è: il mondo è globale, ma il centro della globalizzazione non è più qui. Assistere da spettatori passivi è una pessima idea. Buona lettura a tutti.

(Articolo uscito nell’ottobre del 2020)

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