MAL D’AFRICA

Ieri, “grazie”alla morte violenta di un giovane ambasciatore, di un ancor più giovane carabiniere e del loro autista, i due terzi degli italiani hanno scoperto che esiste una nazione che si chiama Repubblica Democratica del Congo. L’hanno genericamente collocata sulla cartina geografica e saputo che da circa vent’anni, da quelle parti, si combatte una guerra sanguinosa che sembra non finire mai.

L’ultima volta che l’italiano medio, quello che studia all’università della strada, ha ricevuto news sull’Africa dai media di casa nostra, è stato il 9 maggio dello scorso anno, quando Silvia Romano, una giovanissima cooperante milanese, è tornata a casa dopo un anno e mezzo di prigionia tra Kenya e Somalia. E forse vi ricorderete anche la reazione dell’italiano medio succitato: deiezione allo stato social.

Secondo me, sarebbe ora che il giornalismo italiano si interessasse un po’ meno al libro di Rocco Casalino, al fidanzato di Maria Elena Boschi o ai dubbi amletici di Alessandro Di Battista, e un po’ di più a quanto accade al nord delle Alpi e a sud di Lampedusa.

La ragione, credo, sia sotto gli occhi di tutti, è a un nome: immigrazione.

Se circa il 9% dei cittadini che vivono in Italia arriva da altre nazioni, un motivo ci sarà, o no? Ciò che capita nella R.D. del Congo, e più in generale in Africa, è alla base di alcune distorsioni di sistema, o no? Per un attimo facciamo finta di ignorare che nell’ex Congo Belga ci sono enormi giacimenti di materie prime importanti per la nostra economia, ma se nel cuore dell’Africa si combatte una guerra, tutto ciò avrà ripercussioni migratorie massive, o no?

I miei coetanei ricordano Beppe Grillo ai tempi di trasmissioni tv di culto come Te la do io l’America (1981) o Te lo do io il Brasile(1984): abbiamo conosciuto mondi di cui ignoravamo l’esistenza. Quelle trasmissioni, pur senza avere alcuna velleità giornalistica, raccontavano l’anima di ciò che ci era lontano. E il villaggio non era globale, era diviso a metà: buoni contro cattivi, russi contro americani.

Oggi, che siamo globalizzati, profilati e connessi per 24 ore al giorno, che non abbiamo nemmeno un Muro di Berlino al quale appoggiare le nostre paranoie, ignoriamo del tutto ciò che succede a un paio d’ore d’areo da casa nostra. Ma non abbiamo nemmeno la curiosità basica di chiederci perchè tutti i giorni alcune centinaia di disperati provenienti da mezzo mondo, cerchino di approdare sulle nostre coste rischiando la vita su improbabili bagnarole.

Pacchetto Sicurezza
Peccato che Beppe Grillo abbia smesso di farci conoscere il mondo e preferisca osservarlo dal suo yacht. Ormai ci bastano le facili risposte delle leggi salviniane. Siamo diventati gente semplice.

Ovviamente ci sono giornalisti italiani che invece il mondo lo raccontano, e lo raccontano bene. Solo che non siedono nelle redazioni che contano, non vengono invitati in alcun salotto televisivo importante, i loro post non vengono condivisi da Selvaggia Lucarelli e sfuggono alla neo logica dell’influencer.

Spesso sono giornalisti freelance, collaborano con realtà piccole, che faticano a stare in piedi. Perché? Perchè il pubblico italiano, dicono i capi redattori, i direttori, gli editori, preferiscono vedere Marco Travaglio che azzanna i tacchi a spillo della Boschi, Michele Serra che bacchetta gli ex compagni di partito da Fabio Fazio, l’ultimo VIP del Grande Fratello che ha sposato la vincitrice dell’Isola dei Famosi, ma solo dopo aver superato le colonne d’Ercole di Uomini e donne, ovviamente.

Per rispetto verso i nostri connazionali uccisi ieri, i cooperanti rapiti, i missionari scomparsi nel nulla e i milioni di esseri umani che vivono nel terrore della guerra e dell’oppressione, iniziamo a uscire dal guscio. Abbiamo il mal d’Africa, nel senso che non sappiamo nulla dell’Africa e del mondo che ci è lontano, mentre quel mondo bussa tutti i giorni alle nostre porte.

Proviamo a farci qualche domanda in più e a cercare qualche risposta. La laurea dell’università della strada non basta.

Potete cominciare da alcuni amici miei; vi lascio qualche link: Alessandro Rocca, Marco Bello, Davide Demichelis, Angelo Ferrari.

Buono studio.

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