NIGEREIDE 7 – Sommersi e salvati

Martedì 29 gennaio 2019 (due giorni al rientro in Italia)

Credo sia la prima volta che entro in una struttura delle Nazioni Unite. Questa è moderatamente piccola, ma fuori dal mondo quanto basta. Sembra una sorta di enclave linda ed efficiente, dove funzionano i condizionatori, la polvere arriva meno e se arriva (evidentemente) si auto elimina, le facce di tutti sono pulite, rilassate, riposate e persino gli addetti alla sicurezza (tanti quanto poco credibili) hanno divise di colori sgargianti appena uscite dalla stireria.

Siamo nella sede dell’ OMI, Organizzazione Mondiale dell’Immigrazione a Niamey, nuova frontiera dell’immigrazione dopo il recente collasso libico. Al tavolo con noi ci sono 4 funzionari (un vecchio vizio dell’ONU quello dei funzionari. Tanti, troppi e, in genere, troppo ben retribuiti): tre donne, europeissime, e un uomo di colore, credo africano. Tema della riunione: le possibili collaborazioni tra CISV e OMI sul tema migratorio.

English or French?” Chiedono.

French. Io colgo solo poche frasi. Giro di presentazioni, la mia è in inglese. Breve, credo quasi corretta. Vedere Netflix in lingua originale con i sottotitoli aiuta. Mentre dibattono, capisco che delle tre donne, tutte giovani attorno ai trenta, una è italiana, una francese e la terza, bionda, occhi azzurri, carnagione bianco ricotta, ha la faccia di chi si annoia mortalmente e vorrebbe essere ovunque, ma non qui. Danese, secondo me, è danese. Non l’ha detto, ma lo so. Mi sta antipatica a pelle, ha persino gli orecchini, il vestito  scollato e lo smalto rosso sulle unghie. Ora guardo se ha i tacchi. Se li ha, mi alzo e la schiaffeggio. Non li ha. 

La francesina, signorina a modo con occhiali e coda di cavallo, ha un Apple Watch al polso. Ma dai! Marta, la nostra cooperante targata CISV, vince il confronto a mani basse. Padronanza del tema, proposte mirate, obiettivi chiari. E non porta nè orecchini, nè smalto laccato. È nel Sahel non a una festa di compleanno degli ex compagni del liceo.

Per lei, almeno questa è la mia percezione, l’attenzione “alle cose del mondo” è introiettata a tal punto, che si riflette in ogni cosa che dice o fa. Ha profondo rispetto del luogo nel quale lavora e delle persone con le quali collabora. La metterei a capo della baracca qui è ora, altro che le squinzie in trasferta! 

Ma andiamo al punto, alla ragione per la quale siamo qui. Ciò che emerso dalla chiacchierata è che il governo algerino e quello nigerino hanno stretto un accordo, abbastanza nebuloso, per il rimpatrio via terra dei migranti che da qui arrivano fino alle coste algerine per tentare l’approdo in Europa. 

Gli algerini hanno proposto: “Sentite, vi secca se, oltre a quelli di nazionalità nigerina, respingiamo al confine anche tutti gli altri?

Il governo del Niger ha risposto: “Ma no figuratevi, ma che problema c’è! Da dove arrivano?

Quelli messi peggio, arrivano dal Pakistan.

Azz… e mo’ quelli, una volta respinti, quando tornano a casa?

Spallucce da una parte “Incha Allah!

E spallucce dall’altra “Giusto, Incha Allah!”.

All’atto paratico funziona più o meno così: la polizia algerina quando respinge i migranti al confine dice: “Raga, tranquilli, va tutto bene, ma da qui non si passa. Ora fate dietro front e andate dritto di là, in quella direzione. Appena finito il deserto trovate Niamey. Quando arrivate scriveteci pure che ci fa piacere, saluti e buon viaggio”.

Splendido, chi non desidera di fare una bella camminata di qualche migliaio di chilometri nella sabbia sotto un sole che cuoce le uova in meno di 5 minuti, se le lasci sul cruscotto dell’auto?  Infatti ci lasciano le penne in tanti. Quanti? Numeri non ce ne sono. L’OMI ha organizzato delle squadre di soccorso mobili per cercare di raggiungerli prima che il sole li cuocia.  Come delle uova. Sommersi e salvati, come nei tempi più bui.

Mentre ascolto e provo a elaborare tutto ciò, penso a Salvini Matteo, a chi lo ha votato e anche a chi gli permettere di governare alleandosi con lui. 

Ho una leggera nausea.

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