NO BOOK NO PARTY

La giornalista Chiara Caratto, dell’Agenzia Agi, mi ha chiesto un parere sulla chiusura di una delle librerie più vecchie della città. Paravia ha aperto a Torino 198 anni fa. Tra qualche giorno chiuderà. “Colpa di Amazon“, la principale delle ragioni.

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La chiusura della libreria Paravia è una notizia brutta, quanto ineluttabile. Secondo me, l’impatto di Amazon e del commercio online deve ancora manifestare tutta la sua dirompenza”.  A parlare è Sante Altizio, 53 anni, torinese, anche noto come “BookPostino”, che tre anni fa ha deciso di dare vita ad un’associazione che promuove la lettura con incontri, momenti di riflessione, recensioni, una forte attenzione soprattutto all’editoria indipendente.

Non solo, il Bookpostino, che come associazione culturale si può avvalere della rete di distribuzione delle librerie, consegna a domicilio, agli associati, i libri, con tanto, quando è possibile, di dedica dell’autore. “Una sorta di risposta romantica ad Amazon”. Anche se di romantico nel dibattito di questi giorni non c’è proprio nulla. La libreria Paravia di Torino, dopo quasi 198 anni di storia, ha chiuso i battenti. Per le titolari, la situazione non era più sostenibile. Una chiusura che ne segue altre a Torino e che non sarà certamente l’ultima.

Le librerie che chiudono sono un fatto ineluttabile? 

Il digitale è ineluttabile ma, forse, per quanto riguarda il campo editoriale è necessaria una regolamentazione che, ancora, a livello legislativo manca. Però, in tutta onestà non saprei dire come potrebbe intervenire e con quali risultati. Quello che si può fare, però, è non piangere sul latte versato e immaginare il futuro: siamo in una fase di passaggio e come succede in ogni fase di questo tipo c’è qualcuno che resta schiacciato dal cambiamento. E mi rendo conto che, in questo momento, le librerie indipendenti, ma anche quelle di catena, vengono letteralmente messe in un angolo dallo strapotere di Amazon.

In questo Paese poi c’è un  problema strutturale: si legge molto poco. Servono nuovi lettori. E la nostra associazione si propone di offrire a chi non legge mai o quasi mai un libro, l’occasione per farlo. Non credo basti  stimolare i lettori esistenti a leggere un po’ di più, ma provare a capire se tra coloro che non leggono, parliamo del 60% della popolazione, si riesce a fare amare l’oggetto libro, anche nella sua versione digitale. Crediamo che il libro sia un buon compagno di viaggio, che si possa affiancare alla visione di Netflix, all’uso dei social. Il libro è un altro modo di comunicare e scoprire il mondo.

Promuovere la lettura, ma intanto come si possono aiutare le librerie?  

Non credo che immaginare sussidi fiscali per le librerie possa essere una strada vincente. Perché, mi chiedo, chiedere che le librerie siano sostenute con leggi ad hoc, quando anche la panetteria sotto casa chiude a causa dalla grande distribuzione o altri piccoli negozi di vicinato falliscono perché il commercio online fa loro una concorrenza imbattibile?

Poi c’è un dato evidente che spiega la difficoltà del settore. Il margine di sconto per il libraio è del 30% sul prezzo di copertina, e con questo deve pagare le spese di gestione e, se possibile, portare a casa uno stipendio decente. È facile calcolare quanto dovrebbe vendere un libraio che sta da solo nella sua libreria indipendente, che paga l’affitto, le spese, per portarsi a casa 1500 € al mese: una montagna di libri. È un’impresa quasi titanica. Non credo che sulla piazza ci siano molti librai che possano dire di guadagnare molto più di 1000 euro al mese.”

Creare reti tra librerie potrebbe aiutare? 

Probabilmente sì, ma c’e’ sempre il problema di fondo: pochi comprano libri. Sicuramente fare rete, ottimizzare i costi, serve, però bisogna pensare a soluzioni nuove. L’obiettivo di una qualunque strategia dovrebbe puntare a far sì che i lettori in questo Paese non siano più 4 su 10, ma 7 su 10. Solo allora i numeri potrebbero cambiare.

Anche il tema degli sconti è delicato: non so dire se impedire uno sconto del 10/15% potrebbe essere una buona idea. Mi chiedo se alla fine non si rischi di impattare sul volume complessivo del venduto. Quello che secondo me sarebbe veramente necessario è uno sforzo legislativo, che non so immaginare, mirato alla promozione della lettura. La scuola insegna a leggere e i bambini, soprattutto quelli piccoli leggono molto. L’incantesimo finisce quasi sempre alle medie inferiori e non è detto che alle superiori vada meglio. D’altronde: noi adulti leggiamo?

Pochi lettori, forte concorrenza dell’online, eppure hai deciso di diventare il Bookpostino  

Io sono entusiasta di questa esperienza, ma ho un altro lavoro che mi permette di “giocare” al BookPostino. Se da questa associazione dovesse dipendere il mio mantenimento, sarei disperato. Oggi “fare cultura” raramente può essere un mestiere. Sono contentissimo di questa battaglia quasi utopica che stiamo portando avanti, ma possiamo farlo solo perchè nella vita ci guadagniamo da vivere lontano dall’editoria.

Tre anni fa avevo tentato di aprire una libreria on line, ma poi, per motivi fiscali e burocratici, ho dovuto chiudere in pochi mesi. Da qui la decisione di diventare associazione, continuando a fare consegne a domicilio per gli associati e cercare di promuovere l’amore per la lettura. Una bella avventura, ma mi rendo conto che per incidere sulla realtà non basta, ma in fondo credere nell’impossibile è la forza dell’utopia.

1 Comment on "NO BOOK NO PARTY"

  1. Caro Sante; tutto vero ciò che esprimi. Poi, però, c’è il nucleo quello vero. Il Puntum! E quello credo sia molto ben espresso in un saggio dal titolo ” L’INFERNO DEL ROMANZO” RICHERD MILLET ED. TRANSEUROPA.
    DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE. Poi ne riparliamo.

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