Due giorni di sciopero a La Stampa. Brutto segnale.
I quotidiani cartacei sono in crisi e anche quelli on line spesso arrancano. Non servono statistiche. Chiedetevi da quanto tempo non entrate in un’edicola e se avete mai sottoscritto un abbonamento per leggere on line un quotidiano (io ne ho sottoscritti due: Corriere della sera e La Stampa).
Le risposte sono (quasi sempre): “Da quando andavo al Liceo” (la prima), “No” (la seconda).
Non siamo disposti a pagare per informarci. Siamo disposti a fare rate decennali per l’ iPhone, ma non a spendere una ventina di euro al mese per avere un’informazione organizzata, con un editore come garante, un direttore come responsabile.
Ci basta visitare un sito qualunque dal dominio ridicolo (quitrovilaveraveritàrivelata.it) e il gioco è fatto. Ieri ho perso ore preziose del mio tempo per cercare di far capire a un salvinano doc che Anna Boano (“esperta d’Africa”) sta all’informazione sul Continente Nero come il sottoscritto alla chirurgia vascolare. Niente da fare. Lo ha letto in rete su qualche sito dell’ultradestra cattolica, ergo…
Il meccanismo è semplice. L’informazione (i “giornaloni” come amano dire Salvini Matteo e Travaglio Marco nel loro sempre rutilante eloquio) sono in mano ai poteri forti e poi blah, blah e ancora blah.
Il mondo del giornalismo (quello fatto dai giornalisti, non da quelli che dicono di esserlo) ha molti difetti, ma è variegato. C’è tantissimo di buono. Soprattuto è lavoro, e il lavoro va (andrebbe) pagato.
Penso ovviamente a tutti coloro che operano fuori dalle grandi redazioni e che sgobbano, in genere, molto più dei loro blasonati colleghi percependo paghe inconfrontabili.
Tralascio quindi le magagne dell’Ordine, i vecchi contratti faraonici, l’Inpgi, i benefit degni di una maonarchia assoluta, e tutto ciò che mi fa spesso pensare (ma solo quando mangio troppo pesante) che i giornalisti (quelli che sono entrati nelle redazioni importanti quando il denaro circolava copioso) siano davvero casta e che amino arroccarsi come i russi a Stalingrado.
Vabbè, sono mie paturnie.
Il nodo è un altro: l’informazione pare che debba essere gratuita, come l’aria che respiriamo. E non va bene, perchè non c’è vera democrazia senza un’informazione che sappia fare il proprio mestiere. E per farla servono sghei. Pure parecchi. Meno di un tempo, ma servono.
Se chiude La Stampa (esempio), rimangono poi solo i CliccaQuiescoprilaverità.cr (“cr” sta per cretino) ai quali abbeverarci in caso fossimo assetati di news. Non mi pare una figata.
Poi c’è la domanda delle domande (me la pongo spesso, invano): esiste un modello di business credibile nel fare informazione al tempo della rete? Fare gli editori puri è ancora possibile?
Siamo all’ineluttabile?
In culo alla balena a tutti.
(foto tratta dal profilo Facebook di Emanuele Rebuffini)
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