SOPRATTUTTO OGGI

Il giorno nel quale ho capito l’importanza di avere un lavoro dignitoso, è stato quando mi hanno licenziato. Era il 1 aprile del 2014, avevo 48 anni.

Nei mesi successivi al licenziamento, ho scoperto sulla mia pelle ciò che spesso sentivo raccontare in televisione da dotti, medici e sapienti (cit.): in Italia se perdi il lavoro, soprattutto se cinquantenne, sei quasi certamente fottuto. Anche perché i centri per l’impiego sono una burla e il mercato del lavoro semplicemente inesistente. Puoi contare solo sulle relazioni personali, sulle conoscenze, magari sulle raccomandazioni.

Ero dipendente di un centro di produzione tv e la mia era la classica figura professionale cancellata dall’effetto combinato di digitalizzazione e internet 2.0: un ibrido tra giornalista, reporter e regista.

I primi tre anni da freelance sono stati un incubo, poi sono riuscito a reinventarmi e tornare a galla. Il precariato, adesso quasi non mi spaventa più.

Intendiamoci, è stato un percorso utile, che mi ha aiutato a osservare il mondo del lavoro da un altro punto di vista e a comprendere prima di tutto che i tanti Maurizio Landini che popolano i sindacati, di lavoro, dei meccanismi che lo regolano e delle priorità dei lavoratori (siano essi pubblici o privati, autonomi o dipendenti), capiscono pochissimo. In compenso si accalorano per i pensionati e i diritti acquisiti, ma quella è un’altra storia.

Non credo sia malafede, è che Landini (giusto per fare un nome, non c’è nulla di personale), temo non sia mai stato licenziato, non è mai stato disoccupato o precario, non ha mai dovuto scegliere di andare a fare la spesa al discount per arrivare a fine mese ferito, ma vivo, non ha mai dovuto scegliere se pagare la rata dell’Inps o la bolletta del gas. Cose così, di comune quotidiana fatica.

La festa dei lavoratori, che ho sempre festeggiato e vissuto spesso accanto a mio padre che sfilava con un garofano rosso infilato nell’occhiello della giacca, è diventato, dopo l’aprile del 2014, un giorno ancora più importante. Mi guardo indietro, ripercorro 9 anni di vita, sento i brividi correre lungo la schiena e poi provo di nuovo a guardare avanti, sapendo che mi attendono ancora dieci anni di lavoro e poi, forse, una scarna pensione.

Guardo avanti comunque con fiducia perché ormai ho metabolizzato che i Landini, a me, non hanno proprio nulla da dire. Soprattutto oggi.

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