CHIUDETE GREENPEACE (e anche i giornali)

Il 22 gennaio scorso Greenpace ha lanciato l’amo e un numero significativo di testate ha abboccato. Alcuni esempi:”Greenpeace lancia l’allarme: molte aree d’Italia hanno acque contaminate da PFAS” (Tv2000), “Greenpeace, il report sull’acqua potabile in provincia di Alessandria: Trovate tracce di veleni” (La Stampa), “Alti livelli di Tfa nel Ravennate: Greenpeace svela “l’inquinante eternoche abbonda nelle nostre acque” (City Group), “Acque potabili del Piemonte, Greenpeace: «La contaminazione da Pfas anche a Torino, 70 comuni coinvolti” (Corriere della Sera).

Inutile dire che tra i comuni piemontesi coinvolti c’è anche Bussoleno e che la colpa della presunta presenza del PFAS (composti chimici molto utilizzati nei processi industriali: dalle padelle alle protesi mediche, dalla carte alle automobili) sono i cantieri della TAV. Chi se no? (i legami tra Greenpeace e NoTAV sono solidi da tempo).

Ovviamente l’utilizzo del PFAS è già normato per legge. La polemica torna periodicamente uguale a se stessa. Un giorno della marmotta un po’ più dilatato nel tempo.

Lo studio, definito indipendente da Greenpeace, dal titolo “Acque senza veleni” lo trovate qui. I toni sono apocalittici, come sempre. Confesso di non amare gli attivisti dell’ONG canadese. Dopo un’iniziale fascinazione giovanile (Greenpeace nasce nel 1971, io nel 1966), la radicalità ottusa e l’autoreferenzialità mi ha spesso dato sui nervi. Per esempio, su nucleare e OGM (per non parlare della TAV) siamo su posizioni opposte.

Sui contenuti del loro studio nulla ho da dire perchè nulla ne so, qualcosa sulla reazione avuta dai media, invece, sì. Nella pioggia di articoli che presentano lo studio (con un titolo roboante e mille condizionali), non ho praticamente mai trovato la voce di coloro che gestiscono l’acqua analizzata. Nessuno che chieda immediatamente conto a chi di dovere, di una presunta, grave e sottaciuta emergenza sanitaria diffusa in tutto il Paese.

Se un giornale di Torino scrivesse che secondo Greenpeace l’acqua della città è avvelenata, il primo al quale chiedere conto del pericolo che i cittadini stanno correndo, sarebbe il Sindaco e poi a ruota il gestore delle acque pubbliche. Invece no. Nada.

Così è la Direzione dell’Azienda USL IRCCS di Reggio Emilia che interviene, con un proprio comunicato, in merito ai contenuti della “prima mappa della contaminazione da PFAS delle acque potabili italiane elaborata da Greenpeace” e dopo una sintetica quanto puntuale analisi dello stato chiosa così: Non si registra quindi alcun allarme sulla potabilità dell’acqua della nostra provincia.

In rete ho trovato anche la replica di Umbra Acque: “In risposta ai campioni prelevati da Greenpeace presso una fontanella pubblica di Perugia, Umbra Acque ha effettuato ulteriori controlli, che non hanno confermato la presenza di PFAS. La società invita quindi la popolazione a continuare a utilizzare l’acqua del rubinetto, ribadendo che è sicura e di alta qualità, e a consultare periodicamente il portale https://www.lacquachebevo.it/, dove vengono pubblicati i risultati delle analisi condotte regolarmente da ARPA e ASL.

Tutto molto triste. Per noi, ovviamente, un po’ anche per Greenpeace, ma sopratutto per il giornalismo.

PS Il titolo “Chiudete Greenpeace” è da acchiappa click, proprio come gli studi roboanti che lanciano allarmi che non ci sono. Almeno non nei termini che il titolo presuppone.

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