La guerra perduta di Piero

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Lunedì prossimo Torino avrà un nuovo sindaco e non sarà Fassino Piero, sindaco uscente, colpevole di essere brutto come la fame, scontroso come un orso marsicano e espressivo come un tonno durante la mattanza.

Altro difetto di Piero: è politicamente vecchio, da troppo tempo nelle stanze dei bottoni. E poi a Torino governano più o meno sempre gli stessi da metà degli anni Novanta.

Passano in secondo piano: la sua onestà, la sua capacità amministrativa e un curriculum vitae da far invidia ai tre quarti degli amministratori locali d’Italia.

Passa in secondo piano che Torino sia una città che si è scoperta bella e vivibile, straordinariamente più bella e vivibile di quella che la mia generazione ha conosciuto, vissuto e mai amato.

Se Torino è cambiata è merito di tre sindaci: Valentino Castellani, Sergio Chiamparino e Piero Fassino. Tutti della stessa area politica.

Ma domenica, al ballottaggio non basterà.

Vincerà una ragazza di 32 anni, neomamma, che parla a raffica senza prendere un fiato, senza un vero curriculum professionale (lavorare nelle aziende di famiglia, come insegnano gli Agnelli, non sempre è sinonimo di capacità imprenditoriale), senza passato politico (forse non è un male, forse), senza un programma di ampio respiro (e questo invece è grave).

Ha passato 4 anni in Consiglio Comunale ingaggiando una battaglia personale contro Fassino. Ha perso quasi sempre, ma ora vincerà la guerra.

Chiara Appendino, la sfidante vincente, da lunedì mattina guiderà una delle città italiane meglio amministrate degli ultimi vent’anni.  Vedremo se sarà in grado di non rompere il giocattolo e non far pentire i torinesi della scelta fatta.

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