Piazza Pavlov

L’ 8 dicembre, a Torino, non si festeggerà solo la Madonna Immacolata e l’inizio della dilapidazione forzata della tredicesima natalizia (per chi ancora la prende), ma si festeggerà anche la seconda grande manifestazione di popolo in meno di un mese.

Dopo la manifestazione Sì Tav-No Appendino, del 10 novembre, arriva quella NO Tav-Sì Appendino. Quando la gente scende in piazza per manifestare le proprie idee è sempre un bel momento di democrazia. Senza dubbio alcuno.

C’è un elemento, però, che mi colpisce, ovvero l’effetto pavloviano della manifestazione dell’8 dicembre. Sebbene il popolo NOTav sia abituato alla manifestazione permanente (anche se non sempre rilassatissima), questa volta è stato “costretto” a scendere in piazza. Deve riprendersi un ruolo che 7 madamine della buona borghesia cittadina, all’esordio barricadero, forse sprovvedute, ma non troppo, hanno loro sottratto.

Se le signore in arancione non avessero avuto il successo di popolo, mediatico e politico che hanno avuto, col piffero che l’8 dicembre assisteremmo alla contro-manifestazione.

Per la prima volta i NOTav hanno perso il centro della scena, sono stati spinti in un angolo, le loro verità messe in discussione, il preteso appoggio popolare, palesemente rivisto al ribasso. Le certezze si sono tutte incrinate e per serrare i ranghi l’unica scelta possibile era organizzare in fretta e furia una risposta tatticamente ineccepibile, politicamente necessaria, ma, secondo me, tardiva. L’opinione pubblica ha drizzato le orecchie: un buco c’è o non c’è, un treno veloce è meglio di un camion lento, andare a Parigi da Milano mettendoci la metà del tempo non è poi così male. C’è poco da fare. Costa? Nulla è gratis.

Le 7 madamine, sotto questo aspetto, hanno già vinto punto, partita e incontro.

 

 

 

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