LO STATERELLO DI POLIZIA – Italia Rossa giorno 49

Sono settimane che borbotto come un vecchio rincoglionito. Protesticchio, ironizzo, prendo (quasi) posizioni ribelli, ma alla fine sono stato buonino a casetta a farmi il mio bel lockdown cantando occasionalmente dal balcone. Esco per fare la spesa, per assistere mio padre e, per un paio di mezze giornate a settimana, da dopo Pasqua, consegno libri a domicilio in bicicletta con guanti e mascherina. Quasi un cittadino modello con tanto di auto certificazione per ogni suddetta attività.

Due sere fa, coperto dalle tenebre, sono uscito (senza papiro giustificativo) alla ricerca di un bancomat (nella mia zona sono inspiegabilmente pochi e lontani) in compagnia di Marina. Stavo commettendo due reati: non stavo facendo un’attività indispensabile e per giunta non ero solo. Sudavo inquieto, mi guardavo circospetto in attesa del lampeggiante blu. Conoscendo la mia proverbiale fortuna, mi vedevo già a Guantanamo. Marina mi osservava con un misto di comprensione e sconforto, cercando inutilmente di distrarre la mia evidente angoscia.

Solo il ritorno a casa mi ha restituito a funzioni vitali accettabili.

Ieri sera, mentre cercavo di capire cosa caxxo stesse dicendo Conte Giuseppe (il Premier, ormai, parla peggio dell’altro Conte, Antonio, quello famoso), mi ha assalito un dubbio (che solo parzialmente l’esegesi successiva fatta dal web) ha chiarito: dovrò girare ancora con l’autocertificazione in tasca?

Sì, no. Forse.

Dovrò ancora essere pronto a farmi fermare in strada da un signore in divisa (più o meno qualunque divisa, tutte meno quelle degli scout) e rispondere alle seguenti domande: “Dove abita, dove va e perchè“?  Un quiz che può costare, a discrezione della reincarnazione temporanea del novello Mike Bongiorno di turno, da poche a molte centinaia di euro di multa.

Senza considerare che il mio domicilio è in A, la mia residenza in B e che sulla carta d’identità è segnalata ancora la residenza in C. Faccio prima a costituirmi.

E poi scusa Giuseppi, la famosa app tracciante che fine ha fatto? Avrei immolato senza battere ciglio la mia libertà digitale in cambio della mia libertà analogica. Invece no, sono ancora nelle mani di Vito Catozzo.

Per due mesi ho accettato (e quasi condiviso) che i miei diritti costituzionali fossero sospesi in nome di un bene comune supremo (la salute collettiva, ovviamente), ora però vacillo da bestia.

Se siamo uno Stato cialtrone (e per lo più, lo siamo), governato da una classe dirigente cialtrona (che per lo più, lo è) eviterei di giocare al Piccolo Conducator, perchè quando il contesto è cialtrone, basta poco per mandarlo davvero in vacca.

Chiudo citando un post di Facebook, pubblicato ieri sera da uno che sa dire ciò che penso molto meglio di me. È uno scrittore, insegnate di scrittura, una persona intelligente: Alessio Cuffaro. 

NON HO PIÙ VOGLIA
Sono così stanco di questa situazione, del livello di scontro che sempre mi coinvolge ogni volta che dico la mia, di non vedere il futuro, di scontrarmi col bisogno degli uni di proteggere acriticamente il manovratore, e quello degli altri di minimizzare la catastrofe.
Questa pandemia ci ha già fatto il peggio che potesse farci: rendere inservibile il confronto dialettico, renderci insicuri sulle nostre libertà costituzionalmente garantite, lasciarci pieni di dubbi, così che le forze dell’ordine, col loro perenne tanfo fascista, possano interpretare la realtà contro di noi.
E se anche domani dovesse arrivare la soluzione, ormai noi avremmo perso per sempre. Se accetti una volta di non essere più libero, rimane in te la paura che un domani potrai non esserlo di nuovo, che un domani qualcuno possa chiederti “dove vai?”, che possa tornare, scandaloso e violento, il verbo che mai dovrebbe stare in bocca all’esecutivo: “concedere”.

 

Be the first to comment on "LO STATERELLO DI POLIZIA – Italia Rossa giorno 49"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*